venerdì 28 marzo 2014

CONCORSO HELLSGATE CHRONICLES - Racconto #09

LA NOTTE MALEDETTA
di Marianna Calandra

Ormai sono già le 17:00 del pomeriggio e tra mezz’ora si chiuderanno i cancelli del cimitero. Devo sbrigarmi se voglio trovare la tomba di Jonathan! Ma, nel frattempo in cui mi metto alla sua ricerca, i cancelli si chiudono e tutte le persone che pochi istanti prima erano intorno a me svaniscono nel nulla.
A questo punto sembra essere del tutto inutile chiedere aiuto! Passano le ore e inizio a sentire dei lamenti avvolti dal buio circostante, ed alcune urla. Nella parte centrale del cimitero -affianco alla chiesa- vi è una sorta di torre con un orologio, che quando suona la mezzanotte i lamenti aumentano. Così noto che tra le tombe si intravedono alcune ombre; lentamente sento dei passi dietro di me, ma non riesco a muovermi: rimango pietrificata! Due istanti dopo noto con la coda dell’occhio la mano putrefatta di uno zombie appoggiarsi su di me, però viene respinta allo stesso tempo da una sorta di campo magnetico, una specie di sfera di energia. Non urlo per evitare di attirare l’attenzione … se solo la chiesa non fosse chiusa, potrei tuttavia trovarvi riparo! Ma sembra non essere un problema, perché come in una visione vedo apparire di fronte a me proprio lui: il ragazzo che ho sempre amato.
"Livia, non devi aver paura ci sono io con te e non ti lascerò mai da sola!"
"Jonathan, sei davvero tu?"
"Si Livia, sono io. Ascolta: so che oggi è il giorno di S. Valentino e sei triste perché io non ci sono più, ma non devi esserlo. Tu non sarai mai sola, ogni volta che avrai bisogno di me io sarò lì con te!"
Mi saluta con una carezza e poi scompare.
Finalmente il sole si risveglia e gli zombie scontenti del loro risultato tornano a dormire, o almeno credo. I cancelli si riaprono: così ritorno libera, con la consapevolezza che lui è sempre con me. Ma, non appena mi accingo ad uscire dal cimitero, sbuca una mano dal terreno che mi afferra per una gamba trascinandomi sottoterra, dove si trova il loro nascondiglio.
"Nessuno può sfuggirci: ogni notte non può non esserci una vittima da trasformare in uno di noi, e qusta notte toccherà a te."
"No, io non diventerò mai una di voi, lasciatemi!"
Devo trovare una soluzione: non posso trasformarmi in una zombie; sarebbe meglio morire subito, così almeno avrei la certezza di poterlo riabbracciare! Se non sbaglio, credo di aver sentito dire una volta da mia nonna che l’unico modo nel quale uno zombie possa svanire sia strappargli il cuore e immergerlo nell’acqua benedetta. Così facendo dovrebbe evaporare e con esso lo zombie in questione, che fortunatamente è rimasto solo, perché gli altri sono tornati nelle loro tombe aspettando che ritorni la notte. Credo di potercela fare: una volta strappatogli il cuore, non mi resta che portarlo nella Chiesa al centro del cimitero; lì troverò sicuramente dell’acqua benedetta, ed ormai è giorno, sarà quindi aperta.
"Sei pronta? E’ arrivato il momento."
Mi afferra il collo, portandomi alla bocca una coppa con dentro non so cosa.
"Che cosa c’è lì dentro?"
"Del sangue unito a polvere di ossa: occorre per giungere alla trasformazione."
Prima che io possa berne anche solo una goccia, cerco di afferrare qualcosa per scagliargliela in testa e ci riesco. Mentre resta stordito per alcuni secondi cerco un coltello e, per quanto la mano mi tremi, inizio ad incidere riuscendo infine a strappargli via il cuore dal petto; ma ecco che in quel preciso istante riapre di colpo gli occhi, facendomi cadere l’arma di mano. Riprendo velocemente il coltello e lo pugnalo più volte ma -come volevasi dimostrare- è tutto inutile; in seguito noto una sporgenza che si affaccia su di un dirupo: so perfettamente che non soccomberà, ma almeno mi permetterà di guadagnare tempo. Lo scaraventò giù e cerco velocemente di uscire dal terreno, correndo poi al limite delle mie forze in direzione della Chiesa con il suo cuore in mano, ma trovo la porta principale chiusa; senza pensarci due volte mi dirigo all’entrata secondaria che porta alla sacrestia e finalmente trovo l’acqua che mi serviva. Sono consapevole che ucciderne uno solo non basterà, tuttavia -sempre grazie a mia nonna- so di una leggenda: se prima di immergere il cuore nell’acqua lo maledico, posso almeno limitare le loro uscite ad una volta all’anno. Ciò dovrebbe avvenire nel giorno in cui viene pronunziata la maledizione: a S. Valentino. Quando finalmente torno a casa, tiro un sospiro di sollievo, con la consapevolezza di aver cambiato le regole del gioco. So di dover dire grazie a Jonathan, se sono ancora viva: mi ha promesso che non mi lascerà mai sola.

BIOGRAFIA AUTORE
Marianna Calandra è nata il 17/12/1997 a Eboli (SA), abita a Campagna (SA) in via ferrari n. 3 e frequenta l'istituto professionale I.P.S.I.A. di Oliveto Citra (SA).

VOTO E RECENSIONE: ★★☆☆☆ (1,6)
a cura di Ornella Calcagnile
Un racconto che da un po’ troppe cose per scontate. La ragazza dice “zombie” come se dicesse “cioccolato”. La nonna le parlava di zombie? Trova un coltello nel nulla? Devo immaginare che si viva in un mondo dove gli zombie siano all’ordine del giorno? Gli accadimenti sono un po’ campati per aria devo dire, tutta la sequenza avrebbe avuto un senso con un background. Ad esempio se ci fosse stata un’introduzione del tipo: “…da anni le persone della mia città, di notte, scompaiono misteriosamente, per questo è stato fissato un coprifuoco… Jonathan aveva fatto tardi quella sera e sparì, così come gli altri, per poi esser ritrovato senza vita al cimitero, dove sono ritrovati tutti… Si credeva che il camposanto fosse maledetto, si credeva negli zombie...”, Insomma io avrei inserito un preambolo del genere per motivare il brano. L’idea degli zombie che trasformano le vittime tramite un rituale è nuova ed è carina, peccato non sia stata sfruttata bene, l’insieme poteva essere originale e una botta di vita nel genere zombie. Mi spiace tantissimo perché, per me, questo testo ha del potenziale.

3 commenti:

  1. Ti ringrazio per il credere che questo testo abbia delle potenzialità. Ne sono lieta, puoi star certa che in futuro farò di meglio.

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  2. Ciao Marianna, purtroppo so che scrivere un racconto è piuttosto difficile e allo scrittore alcune cose sfuggono di mente.
    Le storie sono talmente dentro l'autore che a volte si dimentica di dover chiarire le cose anche per il lettore, ma a questo c'è sempre rimedio grazie all'aiuto di un occhio esterno. (Capita anche a me :p)
    Tu hai fantasia e trovare una nota originale è sempre difficile, il resto verrà con la pratica. Brava e in bocca al lupo :)

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