venerdì 28 marzo 2014

CONCORSO HELLSGATE CHRONICLES - Racconto #10

TI HO DESIDERATO TANTO
di Debora Scarico

«Vieni Lucas, andiamo dove nessuno potrà disturbarci» lo invitò Maya.
Quella festa era troppo caotica per i suoi gusti, aveva bisogno di un posto dove starsene tranquilla insieme al suo nuovo compagno. Si erano conosciuti da poco ed entrambi si erano iscritti alla stessa accademia, anche se frequentavano corsi diversi. Lui, giovane e affascinante, le era piaciuto al primo sguardo. Maya desiderava passare tutta la serata in stretta intimità con Lucas, dopotutto era la festa degli innamorati. Erano stati invitati a un raduno di coppiette organizzato da alcuni studenti della stessa scuola. Il proprietario della villa, dove i ragazzi stavano festeggiando, aveva devoluto l'immobile all'accademia, per ospitare le attività organizzate dagli studenti stessi. La ragazza si era aspettata che a un certo punto della serata ogni coppia si sarebbe appartata senza dare troppo nell'occhio, ma al contrario si era rivelata una vera e propria orda, un ammasso di corpi saltellanti a ritmo di musica. Maya non voleva questo, il suo obbiettivo era un altro.
«Dove vorresti andare?» le domandò il giovane studente.
«Ovunque, purché lontano da loro!» rispose la ragazza. «Non ho intenzione di passare la serata in mezzo a questo bordello!»
«Bé, se devo essere sincero nemmeno io ho intenzione di passare la serata in quel modo!» affermò Lucas.
«E come la vorresti passare?» chiese Maya con un pizzico di maliziosità.
«Tu che dici?» ribatté il ragazzo fissandola con uno sguardo discutibile.
Salirono al piano superiore di quella lussuosissima villa. C'erano molte stanze lungo il corridoio e si precipitarono verso la prima. Il giovane aprì la porta, e vi entrò dopo la compagna, chiudendosela alle spalle. Il maestoso letto, in stile vittoriano, suscitò stupore negli occhi dello studioso che rimase imbambolato ad ammirarne lo splendore. Maya lo prese per mano e lo invitò a seguirla su quel giaciglio.
«Che fai, perdi tempo?» ridacchiò la studentessa.
«Chi, io? Scherzi?» rispose Lucas.
La ragazza lo fece sdraiare sul letto. Prese, da una tasca dei suoi pantaloni, dei lacci di cuoio che si era portata dietro per l’iccasione e legò i polsi del compagno alle sponde del letto. Era lei a condurre il gioco, Lucas glielo permetteva. Gli sbottonò la camicia, il partner chiuse gli occhi in attesa di sentire il tocco delle sue dita sulla pelle. Lei gli fece dono di quel piacere, ma non lo fece durare a lungo…
Con una mano accarezzò il petto nudo del compagno, e con l'altra tirò fuori dai jeans un coltello a serramanico. Appoggiò la lama affilata sul petto di Lucas e, con una perfezione chirurgica, tagliò il tessuto epidermico del giovane che avvertì nell’immediato il dolore pungente, spalancando gli occhi. Un grido riempì l’aria. Maya vide il malcapitato sobbalzare sul letto, l'espressione sul viso pieno di ansia e incredulità, dei rivoli di sangue cominciarono a fluire dalla ferita. Lo sventurato prese a dimenare le gambe ancora libere obbligandola ad allontanarsi da lui, ma la ragazza era decisa a vincere quella battaglia e lo pugnalò con brutalità su una coscia L'urlo di Lucas oltrepassò le pareti di quella stanza, ma lei sapeva che i lamenti del giovane non sarebbero mai stati uditi al piano di sotto, tutto quel frastuono provocato nell'enorme salone era una perfetta copertura.
«Maledetta!» gridò Lucas.
Lo fissò deliziata, ma sapeva che doveva sbrigarsi, quella festa non sarebbe durata ancora per molto, doveva porre fine a tutto il prima possibile. Prese a pugnalarlo con ripetizione su tutto il corpo, uccidendolo. La coperta del letto si tinse di un rosso scarlatto. Con le dita penetrò nella ferita sull'addome e la aprì con estrema freddezza. Afferrò le viscere liberandole sulla coperta del letto, infilò una mano nella cassa toracica e ne uscì imbrattata di sangue, con il cuore del ragazzo fra le dita. Fissò per l'ultima volta il viso del suo amante, poi contemplò l'organo estratto da quel corpo straziato e gioì della sua vincita.
«Eccoti finalmente, ti ho desiderato tanto...»

BIOGRAFIA AUTORE
DATI
NOME: Debora
COGNOME: Scarico
E-MAIL: liberadicreare@libero.it
PAGINE FACEBOOK: 1 - 2 - 3

NOTE BIOGRAFICHE
Nata a Milano, ha sempre amato leggere libri fantasy e l'arte in ogni sua forma. Nasce come illustratrice/disegnatrice, ma anche sceneggiatrice di fumetti e adora poter scrivere, raccontare. Un suo breve racconto è stato pubblicato nel Dicembre 2012, in un'antologia di racconti Natalizi.
Ha frequentato un biennio presso la Scuola del Fumetto di Milano, dal 2008 al 2010.
Ha partecipato a diversi concorsi di illustrazione/fumetto, vincendone un paio:
* Pubblicazione di una breve storia a fumetto in un'antologia edita da edizioni Tiligù.
* Nel 2011 si è classificata 1° nella Cat. Senior, al concorso di fumetto di Tricase Comics, Lecce.
* Una sua illustrazione è stata pubblicata sul Messaggero all'interno di un articolo.
* Alcune sue illustrazioni sono state pubblicate all'interno di una trilogia Fantasy, dello stesso autore, editi da Il Ciliegio Edizioni.
* Nel 2012 pubblicazione di una tav. a fumetto all'interno di Speechless Magazine n° 0, rivista online. LINK
* Menzioni varie.
* Di prossima pubblicazione per l'antologia “Sono una Strega”, tre poesie e due illustrazioni, edita da GDL.
* Di prossima pubblicazione, un suo pensiero da condividere, per l'antologia “Condividi un'emozione” edito dalla Butterfly Edizioni.
* Nel 2013 pubblicazione di un suo breve racconto Free, edito da La Mela Avvelenata BookPress; LINK
* Una sua illustrazione è stata inserita nel romanzo “Il Falco di Maggio” di Elisabetta Bricca, edito da La Mela Avvelenata * Di prossima pubblicazione un fumetto; LINK e un suo racconto all'interno dell'antologia U.I.L. entrambi editi da La Mela Avvelenata BookPress.

VOTO E RECENSIONE: ★★★☆☆ (3)
a cura di Susan Mikhaiel
Sintassi: 2
Forma: 4
Contenuto: 2

La sintassi è po’ caotica, principalmente per via della punteggiatura da rivedere.
La forma è ok, forse qualche shiftata in più non avrebbe guastato.
Il contenuto sarebbe stato pure interessante, ma non si capisce il motivo del gesto di Maya. Qualche riga per spiegare meglio questo punto avrebbe sicuramente reso migliore il racconto.

CONCORSO HELLSGATE CHRONICLES - Racconto #09

LA NOTTE MALEDETTA
di Marianna Calandra

Ormai sono già le 17:00 del pomeriggio e tra mezz’ora si chiuderanno i cancelli del cimitero. Devo sbrigarmi se voglio trovare la tomba di Jonathan! Ma, nel frattempo in cui mi metto alla sua ricerca, i cancelli si chiudono e tutte le persone che pochi istanti prima erano intorno a me svaniscono nel nulla.
A questo punto sembra essere del tutto inutile chiedere aiuto! Passano le ore e inizio a sentire dei lamenti avvolti dal buio circostante, ed alcune urla. Nella parte centrale del cimitero -affianco alla chiesa- vi è una sorta di torre con un orologio, che quando suona la mezzanotte i lamenti aumentano. Così noto che tra le tombe si intravedono alcune ombre; lentamente sento dei passi dietro di me, ma non riesco a muovermi: rimango pietrificata! Due istanti dopo noto con la coda dell’occhio la mano putrefatta di uno zombie appoggiarsi su di me, però viene respinta allo stesso tempo da una sorta di campo magnetico, una specie di sfera di energia. Non urlo per evitare di attirare l’attenzione … se solo la chiesa non fosse chiusa, potrei tuttavia trovarvi riparo! Ma sembra non essere un problema, perché come in una visione vedo apparire di fronte a me proprio lui: il ragazzo che ho sempre amato.
"Livia, non devi aver paura ci sono io con te e non ti lascerò mai da sola!"
"Jonathan, sei davvero tu?"
"Si Livia, sono io. Ascolta: so che oggi è il giorno di S. Valentino e sei triste perché io non ci sono più, ma non devi esserlo. Tu non sarai mai sola, ogni volta che avrai bisogno di me io sarò lì con te!"
Mi saluta con una carezza e poi scompare.
Finalmente il sole si risveglia e gli zombie scontenti del loro risultato tornano a dormire, o almeno credo. I cancelli si riaprono: così ritorno libera, con la consapevolezza che lui è sempre con me. Ma, non appena mi accingo ad uscire dal cimitero, sbuca una mano dal terreno che mi afferra per una gamba trascinandomi sottoterra, dove si trova il loro nascondiglio.
"Nessuno può sfuggirci: ogni notte non può non esserci una vittima da trasformare in uno di noi, e qusta notte toccherà a te."
"No, io non diventerò mai una di voi, lasciatemi!"
Devo trovare una soluzione: non posso trasformarmi in una zombie; sarebbe meglio morire subito, così almeno avrei la certezza di poterlo riabbracciare! Se non sbaglio, credo di aver sentito dire una volta da mia nonna che l’unico modo nel quale uno zombie possa svanire sia strappargli il cuore e immergerlo nell’acqua benedetta. Così facendo dovrebbe evaporare e con esso lo zombie in questione, che fortunatamente è rimasto solo, perché gli altri sono tornati nelle loro tombe aspettando che ritorni la notte. Credo di potercela fare: una volta strappatogli il cuore, non mi resta che portarlo nella Chiesa al centro del cimitero; lì troverò sicuramente dell’acqua benedetta, ed ormai è giorno, sarà quindi aperta.
"Sei pronta? E’ arrivato il momento."
Mi afferra il collo, portandomi alla bocca una coppa con dentro non so cosa.
"Che cosa c’è lì dentro?"
"Del sangue unito a polvere di ossa: occorre per giungere alla trasformazione."
Prima che io possa berne anche solo una goccia, cerco di afferrare qualcosa per scagliargliela in testa e ci riesco. Mentre resta stordito per alcuni secondi cerco un coltello e, per quanto la mano mi tremi, inizio ad incidere riuscendo infine a strappargli via il cuore dal petto; ma ecco che in quel preciso istante riapre di colpo gli occhi, facendomi cadere l’arma di mano. Riprendo velocemente il coltello e lo pugnalo più volte ma -come volevasi dimostrare- è tutto inutile; in seguito noto una sporgenza che si affaccia su di un dirupo: so perfettamente che non soccomberà, ma almeno mi permetterà di guadagnare tempo. Lo scaraventò giù e cerco velocemente di uscire dal terreno, correndo poi al limite delle mie forze in direzione della Chiesa con il suo cuore in mano, ma trovo la porta principale chiusa; senza pensarci due volte mi dirigo all’entrata secondaria che porta alla sacrestia e finalmente trovo l’acqua che mi serviva. Sono consapevole che ucciderne uno solo non basterà, tuttavia -sempre grazie a mia nonna- so di una leggenda: se prima di immergere il cuore nell’acqua lo maledico, posso almeno limitare le loro uscite ad una volta all’anno. Ciò dovrebbe avvenire nel giorno in cui viene pronunziata la maledizione: a S. Valentino. Quando finalmente torno a casa, tiro un sospiro di sollievo, con la consapevolezza di aver cambiato le regole del gioco. So di dover dire grazie a Jonathan, se sono ancora viva: mi ha promesso che non mi lascerà mai sola.

BIOGRAFIA AUTORE
Marianna Calandra è nata il 17/12/1997 a Eboli (SA), abita a Campagna (SA) in via ferrari n. 3 e frequenta l'istituto professionale I.P.S.I.A. di Oliveto Citra (SA).

VOTO E RECENSIONE: ★★☆☆☆ (1,6)
a cura di Ornella Calcagnile
Un racconto che da un po’ troppe cose per scontate. La ragazza dice “zombie” come se dicesse “cioccolato”. La nonna le parlava di zombie? Trova un coltello nel nulla? Devo immaginare che si viva in un mondo dove gli zombie siano all’ordine del giorno? Gli accadimenti sono un po’ campati per aria devo dire, tutta la sequenza avrebbe avuto un senso con un background. Ad esempio se ci fosse stata un’introduzione del tipo: “…da anni le persone della mia città, di notte, scompaiono misteriosamente, per questo è stato fissato un coprifuoco… Jonathan aveva fatto tardi quella sera e sparì, così come gli altri, per poi esser ritrovato senza vita al cimitero, dove sono ritrovati tutti… Si credeva che il camposanto fosse maledetto, si credeva negli zombie...”, Insomma io avrei inserito un preambolo del genere per motivare il brano. L’idea degli zombie che trasformano le vittime tramite un rituale è nuova ed è carina, peccato non sia stata sfruttata bene, l’insieme poteva essere originale e una botta di vita nel genere zombie. Mi spiace tantissimo perché, per me, questo testo ha del potenziale.

CONCORSO HELLSGATE CHRONICLES - Racconto #08

MY ZOMBIE VALENTINE
di Alessia Ghezzi

Parte prima

Seduta sul mio letto, lascio correre lo sguardo sui meravigliosi paesaggi dipinti a mano da me e da mio padre anni prima, appena terminato il trasloco in questa casa posta ai margini della tranquilla cittadina dove ci siamo trasferiti a seguito della prematura scomparsa di mia madre. Di comune accordo, avevamo deciso di abbandonare la metropoli e cercare un luogo più tranquillo dove ricominciare, pur sapendo che, anche abbandonando la nostra vecchia casa, i ricordi sarebbero comunque rimasti vivi: l'amore ha una forza indescrivibile.
Proprio in questa piccola cittadina, ho avuto l'occasione di conoscere Declan, il ragazzo meraviglioso con cui sto uscendo da qualche tempo a questa parte. Ci è voluto un po' perché prendessimo il coraggio di avvicinarci, prima come semplici amici, poi per dichiararci il nostro amore reciproco. Ora siamo felici e progettiamo insiee il nostro futuro, certi che niente e nessuno potrà mai separarci.
In quel preciso istante, il volume della televisione inizia ad arrivare forte e chiaro alle mie orecchie. Mi alzo dal letto e scendo di corsa le scale, piombando in salotto. Mio padre è in piedi davanti allo schermo e stringe con forza nelle mani il telecomando, che potrebbe rompersi da un momento all'altro.
“Papà, cosa succede? Perché hai alzato così tanto il volume?”
Lo vedo voltarsi verso di me, e quello sguardo la dice più lunga di qualsiasi parola. Non mi aspetto che si spieghi, invece lo fa:
“È arrivato anche qui, il contagio ha iniziato a colpire anche qui, cinque mesi fa... e nessuno ha detto nulla! Hanno tenuto la cosa nascosta, fino ad oggi. Potrebbe essere già troppo tardi, potremmo perdere tutti la nostra coscienza!”
Non mi importa di quello che sta dicendo l'inviata del telegiornale, come non mi importa del coprifuoco o dei controlli, devo sapere se Declan sta bene. Prima che mio padre possa fermarmi, corro da lui. Per fortuna, le nostre abitazioni non sono lontane e in due minuti arrivo davanti al vialetto di casa sua. La porta è spalancata e questo è un cattivo segno. Mi addentro con cautela, mi muovo tenendo le orecchie ben tese, e quando mi appare il salotto sobbalzo: è una devastazione totale e un timore inizia a farsi strada in me.
Mi volto e inizio a correre verso la porta principale della casetta. Sono quasi fuori, quando, davanti a me appare proprio Declan.
Mi sento sollevata... fino a quando non noto i suoi occhi: non più di quel meraviglioso verde che li ha caratterizzati fino a qualche ora prima tornando da scuola, ma vitrei. Sembra cieco ma so che ci vede benissimo quello è uno dei tratti distintivi di uno zombie, oltre al colorito malsano della pelle. Conosco quei dettagli a memoria a furia di vedere e rivedere servizi ai telegiornali. Caccio un urlo, mi volto nuovamente e corro verso la porta di servizio mentre sento lacrime calde solcarmi il viso e la sua voce implorarmi di aspettare.
L'ho perso, per sempre. Nonostante questo, l'amore che provo per lui non si spezza, anzi, lotta contro altri sentimenti che cercano di impadronirsi di me. Mentre sto tornando velocemente verso casa, sento degli sguardi che mi seguono e sapendo da quali creature provengono i brividi iniziano a corrermi lungo la schiena. La paura prende il sopravvento e spero di varcare la soglia prima che uno di quei cosi, di quegli zombie, riesca ad avvicinarsi a me e portarmi via tutto ciò che mi tiene in vita. Vedo la porta di legno bianco di casa, ancora qualche metro e ci sono, mancano pochi passi quando mi sento afferrare per i capelli. Vengo trascinata indietro da una forza brutale, sto per perdere le speranze di potermi salvare... quando nella cornice dell'entrata di casa appare mio padre, fucile alla mano e inizia a sparare all'impazzata sugli zombie.
Questo distrae il mio aguzzino e la presa si allenta. Mi divincolo e fuggo da lui.
“Corri Sam, presto!”
Le mie gambe cercano di andare più veloce che possono e alla fine, con mio grande sollievo mi trovo tra le braccia di mio padre, sollevata di avercela fatta a salvarmi, almeno per questa volta.

Parte seconda

Sto dormendo un sonno agitato; dopo la scoperta che ho fatto non potrebbe essere altrimenti. Sudo e mi rigiro nel letto senza che me ne renda bene conto, fino a che un incubo mi sveglia di soprassalto. Volto la testa verso le cifre luminose dell'orologio posto sul mio comodino: le 2.30 del mattino e a quel punto mi rendo conto che da poco è iniziato il 14 febbraio, il giorno di S. Valentino, il giorno degli innamorati. Quest'anno, però, per me può essere solo il giorno del lutto, dopo aver scoperto di aver perso la mia anima gemella.
Mi metto a fissare le stelle sul soffitto dipinto, sperando che il sonno torni a farmi visita presto, ma vedo i minuti passare inesorabili.
Poco dopo, sento il campanello di casa suonare e i passi di mio padre lungo il corridoio. Chi può essere a quest'ora della notte? Le luci di casa si accendono una dopo l'altra e i suoi passi scendono le scale.
Quando apre la porta, la voce concitata di Declan giunge alle mie orecchie. Improvvisamente, nonostante il mio terrore, qualcosa di inspiegabile e profondo si risveglia in me, non voglio perderlo! Spero di non sentire lo sparo che porrebbe fine alla sua vita, (accanto alla porta teniamo un fucile, di questi tempi non si sa mai) e tremo al pensiero.
Poco dopo passi veloci lungo le scale mi fanno tendere ancor di più le orecchie:
“Torna indietro, non osare fare un altro passo”
Nessuna risposta, segno evidente che non ha intenzione di ascoltarlo. È questione di secondi, e la porta di camera mia si spalanca all'improvviso. Vedo mio padre tenere saldo per il braccio il mio ragazzo.
“Non osare avvicinarti a lei, mostro!”
Declan si divincola, mentre è già voltato verso di lui.
“Mi dia almeno una possibilità per dimostrare che non voglio farle del male!”
“Giuro sulla mia vita che se osi torcerle un capello ti strapperò il cuore dal petto, come avrei dovuto fare subito quando ti ho aperto la porta!”
“Non le farò alcun male, sono altre le mie intenzioni.” Lo guardo avanzare verso di me, in un misto di eccitazione e paura. Mi faccio piccola sul letto, ma quando lo vedo inginocchiarsi ai piedi dello stesso rimango stupita come poche volte nella vita: Declan mi fissa con un' espressione di speranza, e quello che leggo nei suoi occhi è Amore puro. Delicatamente, tira fuori dalla tasca del maglione sgualcito che indossa una scatoletta di velluto blu, non credo ai miei occhi
“D-Declan...?” È tutto ciò che riesco a dire, mentre il mio cuore accelera come impazzito.
“So che ai tuoi occhi non sono più quello che ero fino a qualche ora fa, ma per me non è cambiato assolutamente nulla, Sam...” Quella pausa mi mette in ansia, non so davvero cosa aspettarmi. “... Il mio aspetto non è dei migliori, ora, ma... quello che provo per te non è cambiato. Ti amo, anche più di prima” Solleva il coperchio della piccola scatola ed al suo interno vedo un anello. Riluce più di tutte le stelle del firmamento, grazie ai due brillanti posti ai lati di uno splendido zaffiro centrale. “Voglio passare il resto della mia vita con te” Quell'affermazione scatena ogni sorta di sentimento e mi ritrovo a piangere come una bambina, mio padre guarda sbigottito la scena.
“Mi vuoi ancora, Sam?”
Annuisco, mentre pronuncio un flebile sì che mi esce roco. Declan mi prende delicatamente la mano sinistra nella sua e fa scivolare sull'anulare l'anello prima di prendermi tra le sue braccia. Mi abbandono contro il suo petto e mi sento più sicura li che in qualsiasi altro luogo del mondo. Due dita mi prendono delicatamente il mento e mi fanno sollevare la testa. I miei occhi si perdono nei suoi per qualche istante. Vedo la luce dell'amore brillare al loro interno.
“Ti amo, Sam.”
“ T-ti amo anch'io... Dec.”
Chiudo gli occhi, e pochi istanti dopo il più dolce dei baci si posa sulle mie labbra. Ora ci siamo solo io e lui, il resto del mondo non conta più.

RINGRAZIAMENTI
Se questo racconto è giunto ad una conclusione e non è stato posto in un cassetto come i miei precedenti tentativi, lo devo a delle persone straordinarie che mi hanno incoraggiata ad andare avanti e a non abbattermi nonostante tutto e a perseguire nel mio sogno per cui devo ringraziare con tutto il cuore Sheila Muggiasca, Barbara Bolzan, Jessica Maccario, Argeta Brozi, Aurora Morosin e Maria Mancuso, vi voglio bene. Spero di non aver dimenticato nessuno, in caso contrario chiedo scusa.

BIOGRAFIA AUTORE
Mi chiamo Alessia, ho 31 anni, vivo in Svizzera e lavoro come aiuto cucina in una scuola dell'infanzia. Questa è la prima volta che partecipo ad un concorso di scrittura.

VOTO E RECENSIONE: ★★★☆☆ (2,8)
a cura di Elena Emily Lightmoon
Questo racconto mi ha colpita, chi lo ha scritto è riuscito ad assemblare tutti gli ingredienti indispensabili a creare enfasi, paura, smarrimento. La capacità descrittiva e la trama che incalza veloce, si mescolano perfettamente ai protagonisti, all'accadere delle situazioni ed infine l'epilogo, un lieto fine romanticissimo conferisco a questo racconto un'armonia particolare, rendendolo infinitamente piacevole.

CONCORSO HELLSGATE CHRONICLES - Racconto #07

LA STORIA DI JESSICA
di Angelica Rubino


Un senso di disagio e inadeguatezza riempiva l'animo di Jessica. In quel paesino pugliese dove si era trasferita da poco,niente sembrava essere alla sua altezza in quella festa.
-Non ti stai divertendo?- le aveva domandato Melody, raggiante per i suoi diciotto anni appena compiuti.
Jessica fece un sorriso forzato. Lei era abituata a ben altri tipi di feste. Alla caotica e fashion Milano. Suo padre, un manager importante, le aveva aperto tutte le porte, comprese quelle di diverse case di moda.
E ora si trovava lì, in quel piccolo paesino pugliese, un posto dove il massimo del divertimento era la sagra della salsiccia arrostita ad agosto. E soprattutto con la persona che detestava più al mondo: sua madre.
I suoi divorziarono definitivamente quando Jessica aveva dodici anni, e il giudice stabilii l'affidamento esclusivo a suo padre. Da quel giorno Jessica aveva voluto troncare qualsiasi rapporto con la mamma. Aveva visto il suo papà soffrire, e si era schierata dalla sua parte.
Una mattina suo padre fu arrestato. Riciclaggio di denaro sporco. Nonostante i tentativi di dimostrare che fosse stato incastrato, il giudice lo aveva condannato a un anno di carcere. Così la ragazza era stata costretta a trasferirsi da sua madre.
Con loro viveva anche l'anziana madre dell'uomo, una vecchina stramba di nome Sibilla che le raccontava strane storie sugli zombie. Jessica non la sopportava. Gli unici zombie per lei erano gli abitanti di quel paese.
Aveva inoltre messo subito in chiaro una cosa: non sarebbe andata a scuola.
''Non prenderò il diploma in una scuoletta pubblica'' aveva chiarito sin dall'inizio.
Decise di continuare lì le lezioni di violino iniziate a Milano.
Poi un giorno,conobbe Errico. Le inciampò davanti e finì disteso ai suoi piedi non appena la vide, facendo cadere rovinosamente il suo flauto a terra. Jessica scoppiò in una fragorosa risata mentre Melody, la sorella di Errico, era accorsa per sollevarlo. All'inizio l'aveva guardata malissimo, ma poi erano scoppiati a ridere tutti e tre. Erano le uniche persone di quel luogo che Jessica aveva considerato degni di frequentarla. Errico era buono, timido, le faceva tenerezza. Melody era brillante e sveglia.
Quella sera era il diciottesimo compleanno di Melody. Era in un agriturismo,tutti gli invitati volevano ballare con lei. Erano davvero tanti, ma a lei non piaceva nessuno.
Improvvisamente, lo vide. Un vero e proprio miraggio.
Lui era alto, con i capelli neri, gli occhi azzurri e un sorriso bellissimo.
Era un angelo con il sorriso assassino.
-E quello chi è?- commentò Jessica a bassa voce.
-Non lo so, non l'ho mai visto- rispose Melody. Errico, affianco a loro, storse il naso.
Il ragazzo si avvicinò lentamente al tavolo.
-Buon compleanno, signorina- disse lui. Il tono di voce era basso, caldo, profondo.
-Non mi ricordo di averla mai vista. E' un imbucato?- scherzò Melody.
-Sono un amico di Francesco- rispose lui -mi chiamo Nicholas-.
''Nicholas'' pensò Jessica a bassa voce ''il mio nome preferito. Un nome bellissimo per un ragazzo bellissimo''.
Melody fece un verso di assenso, e sorrise.
-Posso avere il permesso di invitare la sua amica a ballare?- domandò Nicholas strizzando l'occhio a Jessica, che ebbe la sensazione che il suo corpo stesse per sciogliersi come gelatina.
-Certo- rispose Jessica, visibilmente delusa.
Errico fulminò Nicholas con lo sguardo.
Jessica non poteva fare a meno di staccare i suoi occhi da quelli del misterioso giovane Ad un certo punto avvicinò le labbra al suo orecchio. Le leccò leggermente e poi sussurrò:
-Ti va di appartarci?-.
Jessica arrossì, poi annuì abbassando lo sguardo.
Nicholas la portò fuori. Jessica si ritrovò appoggiata al tronco di un albero. Chiuse gli occhi e si preparò per il bacio, ma udì una risata di scherno.
-Sei una bimba monella, Jessica. Io ti seguo da sempre, e so come sei-.
-Come scusa?- domandò la ragazza, mentre lui continuava a ridere.
-Non conosco nessun Francesco, è un nome che ho detto a casaccio. Non mi chiamo Nicholas. Ma è un nome che ti piace tanto, giusto?-.
-Chi sei tu?- gridò Jessica allarmata.
-Sono un mietitore di anime. Sono la morte. E sono venuto a prenderti, perchè tu non meriti di vivere. Non meriti di diventare grande-.
Il ragazzo afferrò Jessica per la gola soffocando il suo grido, e dal nulla comparve un'ascia.
La ragazza prontamente gli tirò un calcio, e lui si piegò facendola scappare.
-Vuoi giocare, bimba, ma io ti raggiungerò...-.
Si arrese solo quando le sue gambe non divennero violacee, e le ginocchia iniziarono a tremareil mietitore alzò l'ascia:
-Incominceremo dalle tue gambe, che sono sempre state il simbolo della tua vanità, e sono le prime che vanno eliminate-.
Jessica chiuse gli occhi, pronta al colpo.
Un altro umore però udirono le sue orecchie. Quello del rombo di una macchina.
Aprì gli occhi. La piccola Fiat rossa si fermò. Errico uscì gridando:
-Scappa!-.
-Cosa ci fai qui?- gridò lei, alzandosi.
Errico si mise in mezzo fra lei e il mietitore.
-Prendi me al suo posto!Preferisco morire io! Scappa, Jessica!-.
Jessica non riusciva a credere ai suoi occhi. Possibile che stesse facendo questo per lei?
-La tua anima è pura, giovane, io voglio quella di Jessica, è inutile, sporca!-.
-Non è vero!- gridò Errico.
-Cosa sai tu di lei?- replicò il mietitore -Io so quant'è viziata,e tu non sai come tratta sua madre-.
-Prendi me!- continuò Errico, per nulla dubbioso -io la amo!-.
Il mietitore esitò un attimo, poi roteò l'ascia.
Fu questione di attimi.
Jessica si lanciò fra di loro con un balzo da leonessa. L'ascia le tagliò un braccio.
Errico lanciò un urlo e si avventò contro il mietitore, che alzò la mano da cui palmo scaturì un fascio di luce che lo buttò a terra.
-Hai dimostrato una generosità inaspettata, piccola. Devo premiarti: non morirai, ma resterai sulla terra con il tuo amato come non morta-.
Si avvicinò a Jessica, agonizzante a terra, e con un colpo secco le staccò la testa, che rotolò fino ai piedi di Errico. Poi scomparve.
Il ragazzo lanciò un urlo disperato e scoppiò in un pianto convulso, imprecando al cielo con le mani in alto. Si piegò, per accarezzare i soffici capelli della sua amata.
All'improvviso la testa si mosse, dotata di forza propria. Sotto gli occhi increduli di Errico incominciò a camminare, e si riattaccò al corpo. Anche il braccio fece lo stesso.
La pelle di Jessica incominciò a mutare, ad assumere un colore verdastro. I suoi capelli si schiarirono, le labbra divennero viola. Errico si avvicinò per osservarla.
La ragazza aprì gli occhi. Erano diventati più grandi, dall'iride più scura, e circondati da pesanti occhiaie violacee.
-Errico...- disse la ragazza alzandosi.
-Che succede? Perchè mi guardi così?-.
-Vai a vederti nel finestrino della macchina- le disse Errico.
La ragazza si avvicinò all'auto, e quando si specchiò incominciò ad urlare mettendosi le mani nei capelli. -Sono un mostro!- gridò in lacrime.
Errico guardò i suoi occhi pieni di tristezza.
-No, sei bellissima-le sorrise, e la baciò delicatamente.
Non sapeva come fosse possibile, ma provava comunque una forte emozione.
In quel momento si udirono delle grida. Erano quelle di sua madre e del suo compagno.
-Corri!- le disse Errico, prendendola per mano.
I due presero la strada verso un sentiero che portava ad una grotta.
-Rimani qui- le disse lui -non dirò nulla a nessuno. Verrò presto a trovarti-.
Le diede un baciò sulla fronte e scappò via.
In onore della memoria di Jessica fu costruito un monumento nel cimitero del paese, vicino alla campagna.
Lei ogni tanto si nascondeva fra le tombe. Vide i suoi genitori piangere tante volte, e resistette all'impulso di abbracciarli. Si pentì di non avere amato sua madre.
Ben presto scoprì di non essere la sola in quel mondo strano: conobbe altri zombie, con cui passeggiava nel cimitero e nelle campagne, placando la fame con qualsiasi animale capitasse loro a tiro.
Aveva voglia di tornare umana. Non sarebbe stata più la ragazza che era, ora i lussi erano un ricordo sfocato perché l'importante era il cibo. Solo da morta aveva compreso che i veri cuori di ghiaccio erano quelli della sua specie.
Ma quando vedeva arrivare Errico in quella grotta, tutti i brutti pensieri scomparivano. Lui era un corpo umano, un corpo caldo. Aveva il sangue che pompava nelle vene. E un cuore che voleva solo lei.

BIOGRAFIA AUTORE
Sono nata il 27 luglio 1993 a Taranto, e nel 2011 mi sono classificata seconda al premio letterario nazionale MOICArte 2011. Nel 2012 ho ricevuto una menzione per il concorso ''accendi una stella''dell'università Toniolo di Torino insieme all'università della cattolica di Milano.
Nel 2013 mi sono classificata seconda al concorso nazionale di scrittura creativa Antonio Bruni e sono usciti due miei libri, ''Jeremy Jenkhins e il fiore della montagna perduta'' con l'apollo edizioni e ''perchè sei un essere speciale'' con la montedit.
Spero che il mio racconto vi piaccia.
Angelica

RECENSIONE E VOTO ★★☆☆☆ (2,2)
a cura di Elena Emily Lightmoon
Ecco, l'antipatia di Jessica, assume per mio conto, una potenza così evidente da rendere tutto il resto del racconto decisamente opaco. Personaggio talmente odioso, abilissimo l'autore in questo, da rendere anche troppo indulgente l'epilogo nei confronti di Jessica.
Storia un po' troppo concentrata su di lei, tanto da disincantare il lettore, rendo lui stesso incapace di vedere oltre quella figura decisamente stridente.

CONCORSO HELLSGATE CHRONICLES - Racconto #06

'BUON S. VALENTINO AMORE', UN CAZZO
di Prisca Turazzi

«“Buon San Valentino, amore” un cazzo.»
La levetta cigolò, come sul punto di spezzarsi. «Non ti azzardare.» La linguetta tenne e il coperto di latta si sollevò liberando il retrogusto stantio dei funghi. Si leccò le labbra screpolate, gettò la testa all'indietro e si versò in bocca funghi e olio di semi. Storse le labbra e trattenne in fiato, mentre si forzava a masticare la poltiglia.
Ingoiò il boccone.
«Quanto tempo è passato, Lauren?» borbottò, con ironia. «È ancora Natale, là fuori? Hai detto che avresti guardato.»
Alzò lo sguardo e si lanciò un'occhiata attorno. Il bunker era vuoto oltre loro, con la coda dell'occhio riusciva a intravedere i lineamenti di Lauren. Ricordava ancora i suoi capelli rossi e ricci. La chiamava Streghetta.
«Ti arrabbi se ti dico che non ricordo più la tua faccia?» Ridacchiò fra sé. «Certo, che ti arrabbi. Ti conosco troppo bene. Forza, vai a vedere. Magari se ne sono andati. Magari hanno lasciato Hellsgate.»
Si rigirò la lattina tra le mani. Aggrottò la fronte nello sforzo di ricordare. Lauren aveva gli occhi verdi o nocciola? Il naso, com'era? Eppure, l'aveva baciato tante volte. Era stupendo vederla arricciare il naso. Ricordava solo il brivido, non il naso che si arricciava.
Erano rimasti i suoi capelli rossi e ricci. Nient'altro.
«Sempre a rimuginare, quando fuori la gente viene sbranata» disse Arthur lanciando una pallina da baseball. La prese al volo, ma la lattina scivolò dalle dita e rovesciò una manciata di funghi sul pavimento di cemento. «Cristo! Che cazzo ti passa per quella testa bacata?» sbottò e si affrettò a raddrizzare la lattina a terra. Il puzzo della conserva aleggiò nelle nelle sue narici, nauseante. «Mi hai fatto buttare mezza cena.»
Lo sentì scoppiare a ridere a squarciagola. Anche il profondo taglio sotto il mento si allargò creando una gracchiante eco.
«Smettila» replicò, «o sveglierai Lauren».
Arthur smise di ridere, le rivolse uno sguardo colmo di commiserazione. Si avvicinò e si sedette sui talloni. «Ma quando la smetterai di giocare?»
«Che cazzo dici?»
Lo vide piegare la testa, il taglio alla gola assunse la forma di una smorfia. «A fingere. Stai ancora giocando a fingere. Fingere che Lauren sia ancora viva, come me.»
Gli lanciò la lattina, che attraversò esattamente l'apertura della gola e si premette le mani sulle orecchie.
«Te l'avevo detto che ti avrebbe raggiunto la pazzia a star qui dentro» lo sentì continuare, il tono piatto.
«Devi uscire da questo maledetto bunker.»
«Mi mangeranno.»
«Morirai lo stesso. Hai ucciso me, hai stretto la mano di Lauren mentre le piantavi un coltello da cucina nel cuore per non lasciarla all'infezione. Esci, ti prego. C'è una qualcuno che ti aspetta.»
«Odio San Valentino.»
Alzò lo sguardo sulla luna, ancora bassa e sbiadita dal tramonto.
Non ricordava di aver lasciato il bunker, eppure ora era all'aria aperta. La preoccupazione per Lauren svanì appena sentì un grugnito alle proprie spalle.
Si volse.
C'era un ragazzo. Biondo, dal fisico atletico nonostante la morte l'avesse reso un poco emaciato. Ragnatele scure disegnavano tatuaggi scuri in corrispondenza delle vene. Gli occhi sbiaditi erano assorti nel sostenere lo scambio di sguardi.
Sentì il proprio cuore perdere un battito, non aveva mai provato attrazione per i maschi. Eppure, sentiva l'ebrezza dell'amore.
«È tuo.» Il sussurro doppio di Arthur nell'orecchio destro. «È il mio regalo di San Valentino. Mio e di Lauren.»
Si avvicinò. Il ragazzo soffiò come un gatto con un ringhio: doveva essere morto davvero da poco se le corde vocali non avevano ceduto. Si appoggiava sulla gamba sinistra in modo goffo.
Lo invitò ad avvicinarsi allargando le braccia, cercò di convincerlo della sua innocenza. Del suo amore.
Il ragazzo barcollò in avanti, afferrò la sua testa per la nuca e addentò le sue gengive in un pungente bacio.
Il sangue inondò il mento. Lo zombie prese a mordere le guance.
Mi sta mangiando la faccia.
«Buon San Valentino, amore» disse il fantasma di Lauren in un'eco lontana.
Un barlume rossiccio alla coda dell'occhio.
«Ora possiamo stare insieme.»

BIOGRAFIA AUTORE
PRISCA TURAZZI ha partecipato in alcune antologie autoprodotte.
Nel 2012 ha partecipato all’antologia 365 storie d’amore, edita Delos Books e curata da Franco Forte; in seguito, il racconto La Cura è stato selezionato per il Terzo Almanacco di Lettere Animate Editore.
Nel luglio 2013 ha pubblicato sotto lo pseudonimo di Nadia Arabeschi il romanzo Breaking Destiny, edito ePubblica.
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Nell’ottobre 2013 ha esordito con il titolo Hernest, edito Alcheringa Edizioni.
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VOTO E RECENSIONE: ★★★☆☆ (3,3)
a cura di Ornella Calcagnile
Per me non è un racconto chiarissimo, ho dovuto leggerlo più volte per capirlo e dare una giusta interpretazione, ma probabilmente non c’è una lettura univoca. L’idea è buona, ma è trattata in modo confuso. Allungare un po’ il testo per spiegarlo, avrebbe reso più facile la comprensione e coinvolto maggiormente il lettore. Preso nell’insieme, è nuovo, accattivante, ma dovrebbe essere più limpido. Non tutti i lettori si soffermano troppo sulle cose complicate ed è meglio che il testo sia chiaro già a primo impatto.

CONCORSO HELLSGATE CHRONICLES - Racconto #05

IL MIO POSTO è CON TE
di Jessica Maccario

«Ti ho preso un regalino... solo un pensierino, davvero»
Marta arrossisce mentre porge il bellissimo braccialetto che ha incartato apposta per lui. Igor le sorride ed i suoi occhi azzurri risplendono in quella serata piena di stelle.
«Scommetto che hai speso un sacco di soldi...»
Marta arrossisce ancora di più, ma non ha alcuna intenzione di ammettere che ha speso tutti i suoi risparmi: è convita che lui sia davvero il ragazzo giusto per lei e che si meriti molto di più.
Si siedono su una delle poche panchine libere del parco e cominciano a parlare. Ogni volta si stupisce di quanti interessi hanno in comune e del modo in cui Igor posa con nonchalance il braccio dietro la sua schiena quando sono vicini: tutto avviene in modo spontaneo tra loro, non c’è nemmeno mai stato bisogno di dire “da adesso stiamo insieme”. Sono due anni che trascorrono ogni giorno insieme e mai una volta hanno avuto bisogno di allontanarsi.
«Guarda quante coppie ci sono stasera al parco» sogghigna Igor e lei osserva le persone che si baciano a pochi metri da loro.
«Secondo te perché vengono soltanto a San Valentino qui? Perché il resto dell’anno il parco è quasi deserto?» chiede Marta con una nota critica nella voce. In fondo, però, è meglio così: quel parco è ormai diventato il loro nido d’amore.
Igor ci riflette un attimo, prendendo come sempre con grande serietà le sue parole.
«Forse» dice infine, prendendole le mani con dolcezza, «perché non si rendono conto che amare significa desiderare di stare con l’altro ogni giorno dell’anno. Tu sei mia 365 giorni dell’anno, non soltanto oggi». Le sorride e lei sente il cuore sciogliersi. Si avvicina per baciarlo, ma un’improvvisa puzza la costringe a guardarsi attorno confusa: da dove viene quell’odore così rivoltante?
«Che succede?». Spalanca la bocca per la sorpresa quando vede una creatura con la pelle grigia e avvizzita entrare nel parco. Un brivido di paura le attraversa il corpo quando nota il ghigno su quella faccia deformata. Igor segue il suo sguardo e stringe forte il suo braccio, fino a farle male.
La creatura avanza indisturbata, rompendo la quiete della serata e provocando dei gridolini stupefatti. Poi, afferra una ragazza per un braccio e la sbatte a terra con violenza. Marta strilla, alzandosi di scatto e indietreggiando di fronte alla sua brutalità. Guarda angosciata la ragazza che resta a terra svenuta e, quando vede che Igor ha tutta l’intenzione di avanzare, lo blocca implorandolo di fermarsi.
La creatura urla qualcosa con voce tenebrosa, ma a lei sembrano soltanto versi ringhiosi. La osserva con paura, anche se la mole dell’essere non è minacciosa. È alto e massiccio, ma arranca in modo piuttosto ridicolo, con le lunghe braccia che arrivano a sfiorare terra e il corpo che oscilla pericolosamente da una parte all’altra. Non sembra avere molto equilibrio. Quegli occhi, però, hanno qualcosa di particolare e sì, anche di minaccioso.
«Mio dio, quello è uno zombie!» sussurra Igor, così piano che se Marta non fosse stata vicina non l’avrebbe udito. Paralizzata sul posto, è Igor a trascinarla verso l’uscita opposta del parco. È appena a dieci metri di distanza, ma sono costretti a rallentare quando molte altre coppie li superano di corsa per riuscire a varcare per primi l’uscita. Appena le prime due arrivano, però, altri zombie compaiono e bloccano loro l’uscita: senza fare una piega li prendono per le gambe e li lanciano in mezzo al parco come dischetti.
«Igor!» grida Marta, stringendolo da dietro.
Igor frena la sua corsa e si guarda attorno disperato. «Ci deve essere un’altra uscita, dannazione!» Marta scuote la testa e lo fissa un po’ dubbiosa: perché Igor è così arrabbiato? Sembra quasi che non sia la prima volta che vede quegli zombie...
«No, lo sai bene che ci sono soltanto queste due uscite...» la voce di Marta si affievolisce mentre tenta inutilmente di combattere la paura. Cosa vogliono quelle creature orrende da loro? Perché continuano ad attaccarli in quel modo?
«Dobbiamo scappare!» ribadisce Igor con fermezza.
«Non possiamo andare da nessuna parte». Marta si volta verso di lui. Nonostante la situazione sconfortante, sente che devono sfruttare il poco tempo che hanno a disposizione. Sospira profondamente, poi alza gli occhi a incontrare quelli disperati del suo ragazzo. Gli accarezza con dolcezza la guancia e per un attimo dimentica che appena a qualche metro da loro le persone gridano angosciate.
«Ti amo, Igor. Ti amo ogni giorno dell’anno e non mi importa se questo non è il momento più adatto per dirtelo. Anche se moriremo presto, io non ti lascerò»
Negli occhi di Igor la paura lascia il posto ad una nuova sicurezza.
«No! Non ti lascerò morire, chiaro?»
Marta volge lo sguardo dietro di lui appena in tempo per vedere uno zombie arrivare, ma non riesce a impedirgli di afferrare Igor per la schiena e di trascinarlo via con sé.
«Scappa!» urla lui quando vede che lei si butta al suo inseguimento.
Per la prima volta nella sua vita, Marta si sente determinata. «E poi? Cosa potrei fare senza di te? Dovrei vivere senza più poter vedere il tuo sorriso? Dovrei portarmi dietro il peso della tua morte e piangere per il resto della mia vita? No, il mio posto è con te!»
Riesce ad afferrare il braccio dello zombie che sta ancora trattenendo Igor, ma la creatura con la mano libera la solleva da terra come un sacco di patate. Lei si dibatte per liberarsi, ma la creatura ha una presa ferrea. Per sua fortuna, però, in quel momento viene distratta da altre persone che sono riuscite a guadagnare l’uscita e allenta la presa, lasciandola scivolare a terra. Marta ne approfitta per stringere con forza i denti sulla pelle morta della sua coscia e quasi vomita quando il sapore amaro invade la sua bocca. Lo zombie strattona la gamba e lei cade a qualche metro da lui. Lo scruta sorpresa: quello zombie è diverso dal primo arrivato. Ha gli occhi vitrei e si guarda attorno senza vedere realmente il mondo, ma fiutando l’odore degli umani. Sa che la sta cercando, eppure non riesce a trovarla. E Igor è ancora con lui.
Le urla di terrore si propagano per il parco, ma molti giacciono ormai morti vicino alle panchine dove appena dieci minuti prima si baciavano. Marta contempla quella scena con le lacrime agli occhi ed una furia improvvisa la costringe ad agire: si arrampica sulla schiena dello zombie abbattendo sulla sua testa il ramo più robusto che riesce a trovare; quello non fa nemmeno il tentativo di fuggire, subisce i colpi emettendo delle lunghe urla arrabbiate. Marta si ritrova a colpire quell’essere spregevole una, due, tre volte, finché quello cade a terra tenendosi la testa tra le mani. Le lacrime offuscano ormai il suo sguardo quando finalmente riesce a trascinare il suo ragazzo lontano dalle grinfie dello zombie. Gli accarezza con dolcezza i capelli, seguendo con un dito il profilo della sua guancia. I suoi bellissimi occhi sono spalancati, ma il suo sguardo è ormai perso nel vuoto, privo di vita, esattamente come il suo corpo perfettamente immobile. Lascia che le lacrime cadano sul suo volto, con una piccola e fragile speranza nel cuore che lentamente si spegne.
«Non lasciarmi...» sussurra, ma lui non si muove, non la rassicura con la sua voce così calda. No, lui se n’è andato, l’ha lasciata sola. Lo stringe a sé con disperazione, desiderando di poter morire anche lei.
Una risata prorompe dal centro del parco e la voce tenebrosa parla, dimostrando ancora una volta di essere diverso dagli altri zombie. «Illusi! L’amore non dura per sempre! L’amore distrugge l’animo, ci fa diventare più vendicativi, esattamente come ha fatto la mia sposa con me. Ora subirete la mia vendetta! Mai più rivedrete la luce del sole, mai più celebrerete questa festa insulsa! Distruggerò ogni coppia esistente sulla faccia della terra e mai più esisterà il San Valentino!»
Il capo degli zombie osserva soddisfatto il lavoro dei suoi stupidi scagnozzi. Ha assistito all’intera scena e si è stupito di quella giovane ragazza che si scagliava con forza contro uno dei suoi. Mai ha visto un’umana così determinata a salvare qualcuno! Forse potrebbe risparmiarle la vita. Forse, lei non è soltanto una stupida umana, a differenza di quel ragazzo che tempo prima aveva osato sfidarli. Si era meritato la morte, lui che aveva aiutato i vampiri a occupare le loro terre. Sì, pensa prendendo quell’improvvisa decisione così su due piedi, la porterò nel mio regno e la trasformerò in zombie. Sarà una zombie perfetta. E, chissà, magari anche una moglie migliore di quella lurida traditrice...

BIOGRAFIA AUTORE
Jessica Maccario è nata a Cuneo il 9 agosto 1990. Appassionata alla lettura fin dalle scuole elementari e alla scrittura fin dalle scuole medie, ha scritto diversi romanzi che sono rimasti nel fatidico cassetto dei sogni finché ha deciso di pubblicare il fantasy “Insieme verso la libertà” (scelto da Bibliotheka edizioni durante un concorso), che apre le porte alla nuova serie de Gli Elementali. Laureata in Beni Culturali Archivistici e Librari a Torino, è da un anno ormai che valuta i manoscritti per le case editrici. Da qualche mese ha cominciato a partecipare a vari concorsi per racconti. Il racconto di Halloween “Una notte tra le tenebre” si trova nell’antologia Halloween’s Novels, due brevi fiabe buffe sono nell’antologia del gruppo Libri Stellari e un racconto di Natale intitolato “Così lontano così vicini” è sul blog de La mia Biblioteca Romantica. A breve uscirà anche il racconto di Natale “Uno strano destino”, con una rivisitazione della storia di Cenerentola. Al momento continua a scrivere racconti e prosegue la scrittura della serie fantasy: altri tre libri sono in progetto per concludere la serie de Gli Elementali.
La si può trovare anche su Facebook e su Anobii, tra una miriade di gruppi e blog di lettori, ma per parlare delle sue opere, fare domande o semplicemente chiacchierare, si può anche scrivere all’e-mail jessicamaccario@bibliotheka.it.

RECENSIONE E VOTO: ★★★☆☆ (2,8)
a cura di Elena Serboli (Elena Emily Lightmoon)
Racconto carino, molto dinamico, forse un po' prosaico ed eccessivamente mieloso, però con ottimi spunti, con un finale da cui volendo, potrebbe prendere vita un nuovo racconto, una storia ben articolata, oltre agli zombi, protagonisti del TEMA racconti di San Valentino, ho apprezzato la presenza, seppur appena menzionata pertanto impercettibile, dei vampiri.

a cura di Violet Nightfall
Un S. Valentino raccapricciante! La Maccario ci regala un racconto horror dalle tinte romantiche; un ritmo incalzante, senza un attimo di respiro: Igor e Marta sembrano i Bonny e Clide degli horror dedicati agli zombie… con finale tragico purtroppo.
Ma andiamo per gradi: Marta e Igor stanno festeggiando il loro S. Valentino comodamente seduti sulla panchina di un parco. Tra un bacio e l’altro c’è uno scambio di regali e di affetto reciproco che la scrittrice è riuscita a rendere in maniera semplice e delicata.
La quiete del parco viene però disturbata da un’intrusione inaspettata quanto spaventosa: un gruppo di zombie irrompe, azzannando e uccidendo i presenti.
Igor tenta di salvare a tutti i costi la sua amata e dai suoi movimenti si comprende qualcosa di più… Igor sa come difendersi dagli zombie, sembra conoscerli da tempo.
Sotto il peso di questa consapevolezza, Marta continua a scappare ma poi Igor viene preso. Lei tenta di liberarlo, dimostra una forza e una tenacia unica ma non riesce a salvarlo. In ultima battuta il suo coraggio viene notato dal Master degli zombie, uno zombie nuovo, senziente… una figura insolita nella letteratura sul genere.
La storia come dicevo è avvincente e incalzante, piacevole anche il cambio di registro da scena romantica a dark, non si avverte alcun squilibrio.
La scrittura è semplice, senza troppi giri di parole, colpisce dritta all’obbiettivo. I personaggi sono ben delineati nonostante le due paginette scarne.
Un bel racconto che lascia la mente libera di immaginare un seguito grazie al finale aperto.
Ci sarà un proseguo? Sarei curiosa di leggerlo!

CONCORSO HELLSGATE CHRONICLES - Racconto #04

VALENTINE'S DAY
di Lidia Ottelli

La pioggia cadeva imperterrita lungo il vicolo stretto e poco illuminato. Camminavo sul marciapiede incollata al muro guardando con circospezione la via di fronte a me. L’umidità tipica della stagione e il freddo, facevano gocciolare le pareti degli edifici in pietra e l’acqua che scorreva dalle grondaie, mi bagnava le gambe fino quasi alle ginocchia.
Un’ondata di vento anomalo mi passò vicino, troppo vicino perché fosse solo vento. Nella quiete di quelle buie strade, vedevo muoversi un’ombra alquanto sospetta. Il mio orecchio destro si tese in cerca di un qualsiasi rumore che mi portasse vicino alla creatura che mi stava inseguendo. Il freddo mi stava congelando le punte delle dita che sfregavo energicamente a ogni passo.
L’ombra da lì da poco si avvicinò. L’essere stava nel centro della strada immobile in silenzio sfidandomi. Il suo sguardo trasognato esprimeva stupore, una condizione tragica della sua mente malata, un trasporto che non si poteva evitare di cogliere.
Si mosse appena inchinando il viso verso sinistra fissandomi con gli occhi bianchi e le pupille nere come la pece. Le labbra sottili mi sorrisero, le sue palpebre socchiuse non mi toglievano gli occhi di dosso. La sua carnagione bianca con venature viola, era ricoperta dal sangue di qualche malcapitato di sicuro la sua cena. Lo stato della sua putrefazione era avanzata, questo faceva supporre a uno Zombie vecchio e poco curato.
Non distoglievo il mio sguardo e iniziai a passeggiare di fronte a lui.
«Finalmente ti ho trovato» esclamai ad alta voce.
In pochi minuti si scagliò verso di me con le sue unghie nere affilate e la bocca spalancata che mostrava i denti aguzzi con pezzi di carne incastrati dentro di essi.
Non esitai, ero pronta, ero una cacciatrice di esseri non morti e per lui era la fine.
La mia spada tagliente era pronta per essere sfoderata, con un rapido movimento, un solo colpo, estrassi la mia arma e prima che quell’essere si avvicinasse ulteriormente, gli tagliai la testa e lui cadde in ginocchio davanti ai miei piedi e poi a terra, morto stecchito.
Dopo un’ora, i ratti avevano lentamente mangiato la loro cena sull'asfalto pieno di sangue e di carne in putrefazione. Con il piede spostai quegli animali e uno di loro mi fissò con occhi rossi brillanti i miei pensieri correvano attraverso la sua mente.
Ero stata rapita da un’angoscia che non avevo mai provato prima, i miei occhi si bloccarono sui suoi per qualche istante. Scossi la testa, rendendomi conto che la mia immaginazione, in questa serata grigia, era stata messa a dura prova.
Battei le palpebre un’altra volta e quel topo mi pizzicò con i suoi minuscoli denti gli stivali e scappò via. «Stupido ratto» inveì contro di lui.
Mi resi conto che ero in piedi, vicino al luogo, dove avevano catturato e ucciso Lucas un anno fa proprio il giorno di San Valentino come oggi. La cosa più brutta? Non aver potuto fare altro se non scappare da quel luogo mentre Ryan, lo Zombie anziano, uccideva e si nutriva dell’unica persona che amavo più di me stessa. Cercai di elaborare un nuovo pensiero fissando la fiamma della candela tremolante attraverso il buco buio di una finestra, l'unica prova che avevo era morta. L’unico Zombie che mi poteva portare dal loro capo, giaceva poco distante da me.
Una voce terrificante mi scosse improvvisamente il corpo.
«Vieni qui, umana» Quella voce stava trapanando la mia mente. «Giochiamo».
«Chi sei?» Chiesi osservando ogni angolo intorno a me.
«Sono tutto e nessuno. Sono il tuo incubo e la tua salvezza. Sono quello che ti porterà in un nuovo mondo fatto di sangue e sete, di fame e terrore».
La strada era improvvisamente inondata da una luce intensa, così intensa, che dovetti portare il mio avambraccio per proteggere gli occhi.
Qualcosa mi stava afferrando. Ero avvolta da un’enorme ragnatela che improvvisamente bloccava il mio corpo, iniziai a dimenarmi ma non riuscii a liberarmi da quel filo che si appiccicava alle mani.
Delle voci sussurravano in lontananza, ero avvolta da quella luce, delle persone mi fissavano con occhi rosso ciliegia, sentivo il loro fetido odore e la loro pallida immagine avvicinarsi sempre di più.
«La razza umana! E' difficile immaginare che sono stato uno di loro molto tempo fa».
Non riuscii a rispondere la mia voce era bloccata in gola. Una spessa coltre di nebbia avvolse quella misteriosa persona che si avvicinava. Aveva la testa coperta dal cappuccio del suo mantello di tonalità terra, non vedevo né il volto né il suo corpo. Questa non era la situazione peggiore che avevo affrontato da quando ero diventata cacciatrice, ma ero spaventata dall’ignoto.
Inspirai profondamente, mi sentivo come se ci fosse una sorta di piastra metallica che premeva contro il mio petto, mi sentivo soffocare. Il sudore lentamente gocciolava dalla fronte poi sulla guancia e infine sul collo.
«Hai paura Ellen? Per anni hai ucciso trattandoci come carne da macello. Ora eccoti qui davanti a me finalmente».
«Allora, cosa significa tutto questo?» Chiedo finalmente con un filo di voce.
«Sei troppo curiosa» mi disse ridendo.
«Non mi fai paura Zombie» inveisco contro di lui con tutta la rabbia che avevo in corpo.
L’uomo si toglie il cappuccio lentamente. Quel ragazzo, quell’uomo lo conoscevo, il cuore iniziò a battere all’impazzata un dolore atroce si alzò dalle viscere, era impossibile quello che vedevo non poteva essere reale. Stavo solo sognando, “svegliati questo, è un incubo” mi dissi indietreggiando libera dalle ragnatele. I miei occhi spalancati erano increduli, la gola secca mi toglieva il respiro.
Il cuore sembrava voler uscire dal petto, il dolore lancinante non dava pace. Davanti a me c'era Lucas il mio amore! Era impossibile, era impossibile!!
«Ciao amore mio. Ti chiederai cosa significa» si spostò poco distante «Ryan mi ha dato un dono, mi ha insegnato a essere un essere superiore. Posso parlare e agire, pensare ed essere tutto quello che ho sempre voluto… un essere unico».
«Lucas…» esclamai incredula.
«Non devo più preoccuparmi di niente, mi sazio delle menti d’inutili umani e finalmente sono appagato».
La sua voce era terrificante non era possibile, lui non era il mio Lucas.
«Ora tu mia adorata» si fermò per avvicinarsi al mio viso «sarai come me e insieme vivremo Zombie e felici per l’eternità».
«NO!» gridai il mio disappunto «io non voglio essere uno schifoso essere, tu sei pazzo».
Un sogghigno apparve sul suo viso lacerato da graffi e cicatrici, il suo avvicinarsi mi stava mettendo al muro ero ormai vinta e sconfitta.
«Amore mio, questo è il mio dono per te».
Un morso avvinghiò il mio collo facendo emettere un gemito di dolore.
«Buon San Valentino mia adorata Zombie…».

BIOGRAFIA AUTORE
Lidia Ottelli è nata e cresciuta in provincia di Brescia nel 1976.
Accanita lettrice appassionata di fantasy, paranormal e thriller, scrive e ha scritto soprattutto per sé stessa. Alcuni brevi racconti sono pubblicati sul suo Forum “Il Rumore del Sangue” e su altri siti sempre della stessa piattaforma dedicati a chi ha la passione per la scrittura.
È ideatrice del Blog e della pagina Facebook “Il Rumore Dei Libri” dedicato agli scrittori emergenti dove recensisce e presente i nuovi scrittori.
Scrive in collaborazione con altre Blogger e scrittrici, su una rivista online di nome Eclettica, dove ha una rubrica dedicata agli esordienti/emergenti. È un’amante di film horror, serie tv, di manga e anime.
Nel 2013 ha scritto dei brevi racconti per delle antologie:
Ottobre 2013 I Demoni di Halloween antologia Halloween Novels per di Le passioni di Brully;
Novembre 2013 Il Settimo cadavere l’antologia Merry Christmas Mr.Death per La Mela Avvelenata BookPress editore digitale;
Dicembre 2013 Lo Spirito del Natale per l’antologia Christmas Fantasy Dark per My secret Diary, La Passioni di Brully e Il Rumore dei Libri.
I suoi siti:
Blog: BLOGGER
Facebook : LINK

RECENSIONE e VOTO ★★★☆☆ (3,1)
a cura di Violet Nightfall
“E tutti vissero Zombie e felici”…
Un racconto molto carino, devo ammetterlo, che mi ha strappato un sorriso verso le battute finali. La storia si focalizza sugli ultimi attimi di vita di Ellen, a quanto pare una cacciatrice di zombie.
Unico neo di questo racconto la narrazione; mi spiego meglio. L’idea è originale e inaspettata ma il racconto ha un andamento troppo frenetico. Non solo, verso metà del racconto veniamo introdotti al passato di Ellen, che ha perso il proprio innamorato per colpa di uno zombie. Ebbene qui manca qualcosa, una spiegazione sul mondo in cui vive la protagonista, un breve accenno a come e perché è diventata cacciatrice e che genere di zombie sono quelli a cui da la caccia.
Per il resto ho trovato il racconto molto interessante, un’innovazione del genere, zombie senzienti… dove mai si è visto!
Mi complimento con Lidia Ottelli, che ho già apprezzato nella raccolta di racconti natalizi edita dalla “Mela avvelenata”, dal titolo “Merry Christmas with Mr. Death”; anche qui trovo una vena di sarcasmo dark, tingere l’intera vicenda. Una firma difficile da dimenticare!

CONCORSO HELLSGATE CHRONICLES - Racconto #03

IL PENTACOLO
di Giordana Ungaro

Malika accucciata sul pavimento tracciò l'ultima riga che chiuse il pentacolo poi si rialzò per avere una visione completa del disegno, aveva fatto un buon lavoro. Mise da parte il gessetto e si diresse in bagno per prepararsi, mancava poco ormai alle tre anti meridiane di quel quattordici febbraio, quelli erano il giorno e l'ora propizi. Il silenzio nella casa deserta era totale, udiva solo l'ululare del vento e lo scroscio della pioggia sui vetri all'esterno.
Quando fu davanti allo specchio del lavabo si sciacquò le mani sporche di gesso, sciolse i lunghi capelli ramati e si sfilò i vestiti rimanendo nuda. Impugnò il temperino avvicinando la lama alla pelle, esitò solo un attimo poi l'affondò nella carne del braccio finché colò un rivolo di sangue scuro e, usando i polpastrelli come penne e la ferita come calamaio, cominciò a scrivere sul proprio corpo. Dovette ferirsi in un altro punto quando il sangue smise di scorrere, poi in un altro e in un altro ancora. Quando completò il tracciato si sentiva debole per tanto ne aveva dovuto usare. Gocce vermiglie erano schizzate sul marmo bianco e sul pavimento sporcandoli ma non se ne curò. Tornò nell'altra stanza per contemplarsi nel grande specchio, il suo corpo dalla pelle diafana ora era ricoperto di simboli. Il sangue si stava seccando e usò l'ultima goccia per colorare le labbra che divennero scarlatte, come quelle di una pallida geisha. Mancavano pochi minuti al momento opportuno di inizio e cominciò quindi ad accendere le candele nere che, una dopo l'altra, formavano la circonferenza del cerchio che racchiudeva il pentacolo. Il libro sul pavimento era aperto alla pagina del rito che da tempo immemore aspettava di compiere, quella era l'unica notte in cui ogni dettaglio era perfetto, per avere lo stesso allineamento astrale all'alba di un nuovo quattordici febbraio avrebbe dovuto aspettare cinquantasei anni. Non aveva altre occasioni, Malika era una donna adulta ma venerava il diavolo fin da ragazzina, lo amava e quella notte sarebbe diventata la sua sposa devota, per sempre.
Quando tutte le candele furono accese spense la luce artificiale e la stanza venne inghiottita dall'oscurità, solo il cerchio e il pentacolo rimasero illuminati dalla luce tremolante delle fiammelle. Le scavalcò e si sedette al centro in attesa di udire il rintocco delle campane e lo scoccare dell'ora.
Chiuse gli occhi incrociando le gambe nella posizione del loto, svuotò la mente concentrandosi sulle sensazioni, il pavimento freddo al contatto della pelle nuda di natiche e cosce e l'odore di cera che le riempì le narici. Udì lo scrosciare della pioggia farsi più intenso, poi il primo rintocco diede inizio alla litania. Mormorò l’invocazione in aramaico ripetendola come un mantra e continuò fino a perdere la cognizione di tempo e realtà entrando in uno stato alterato di coscienza. Udì uno schiocco e venne investita da una folata di vento umido di pioggia. L'aria si fece gelida e l'odore di zolfo sostituì quello della cera. Malika era pronta, avrebbe donato al suo innamorato nel giorno di San Valentino corpo e anima.

BIOGRAFIA AUTORE
Ungaro Giordana è nata a Venezia il 30 luglio 1979. Fin da piccola spiccano in lei la passione per i libri e il talento per il disegno, ereditato dal nonno materno noto fumettista, che la portano ad iscriversi ad una scuola artistica diplomandosi con ottimi voti.
Finita la scuola per sette anni lavora come decoratrice artistica in un piccolo laboratorio.
Oltre il disegno, la scrittura e la lettura ha un'altra grande passione, i cavalli. Cresce frequentando la scuola di equitazione e praticando quello sport a livello agonistico con un discreto successo regionale nelle competizioni di salto ad ostacoli.
Ora vive a Spinea con il suo piccolo cane Lucky e lavora come commessa part-time in un negozio del centro storico di Venezia coltivando il sogno di diventare un giorno un'affermata scrittrice.

Nota dell’autore:
Il mio primo romanzo edito s’intitola “La luna d’argento”, è un mistery-horror ambientato nei boschi del Trentino Alto-Adige, una storia semplice, avvincente e ricca di colpi di scena, nonché allegoria di una trasformazione esteriore quanto interiore della giovane protagonista, un mutamento che la condurrà pian piano alla consapevolezza e all’accettazione di un lato di sé tanto nuovo quanto sconosciuto(… a volte si incontrano uomini molto più pericolosi di un branco di lupi-mannari)
Qui troverete alcuni link di acquisto online ma potete ordinarlo in tutte le librerie d’Italia
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RECENSIONE e VOTO: ★★★☆☆ (2,8)
a cura di Ornella Calcagnile
Un racconto che evoca la storia di una giovane che sembra voler rifugiarsi nell’oscuro. Un’atmosfera molto lugubre, angosciante, peccaminosa e allo stesso tempo pura, un amore puro e ingenuo verso ciò che è sbagliato. Una protagonista così calma nelle sue azioni da apparire alienata. Le sue gesta potrebbero essere spinte da un’infinità di motivazioni ed è un peccato non conoscerle, non avere un’idea chiara della sua psiche. Anche lo scenario è indefinito, potrebbe essere attuale o meno, nostrano oppure straniero, ma potrebbe anche essere una caratteristica distintiva il non dare riferimenti spazio-temporali e lasciare ampio spazio all’immaginazione del lettore. La scrittura è curata, concise ma intense le descrizioni, forte soprattutto quelle della protagonista nuda che segna il suo corpo. Lo stile narrativo è appropriato alla trama e all’atmosfera che vuole comunicare. Per quanto sia affascinante il racconto, però, lascia insoddisfatti.

CONCORSO HELLSGATE CHRONICLES - Racconto #02

ALZATI E CAMMINA
di Danilo Gentile

Che ci crediate o no, il luogo in cui ha inizio questa storia è un cimitero, l’ultima dimora adibita ai corpi senza vita di chi, una volta, era un essere umano. Se non ricordo male, sempre che abbia nel cranio l’intero mio cervello, il nome che avevo quando ero in vita era Alec. Suppongo abbiate notato il tempo al passato, sapete perché ne ho fatto uso? Non dico nulla, tanto basta fare due più due, e a chi ancora non ha capito di cosa sto parlando, basta che legga il titolo. Potrei anche riferirmi a quella frase sul cervello, ma è troppo scontato, ameno credo; senza parlare di come abbia menzionato di non essere in vita, ma solo un decerebrato non capirebbe.
Ma detto da me non avrebbe senso, giusto? Per quanto ne so, potrei essere senza testa. Comunque, direi che risvegliarsi come zombi dopo essere stati sepolti non è una bella esperienza, tutta quest’oscurità non mi si addice. E se provassi a uscire dalla bara? Potrei tentare di rompere il coperchio, tanto è di legno, e poiché sono uno zombi, devo pur avere qualche superpotere; almeno così insegna la TV. Pronto o no coperchio, ecco che ti arriva diretto un bel pugno. Dato che la terra mi cola addosso, deduco di esserci riuscito. Che essa mi entri pure nel naso, tanto non respiro più, e mi sa che non l’ho nemmeno. Addio allergia al polline. Però, oltre alla forza devo aver acquisito anche una certa velocità, perché esco completamente dalla tomba in pochi secondi. O forse chi mi ha creato è troppo pigro perché dia una descrizione più dettagliata, sceglierei quest’affermazione. Buio là dentro, buio qui fuori, mi sa che gli zombi resuscitano solo di notte. Se almeno ci fosse qualche stella in più, non ci sarebbe tutta questa teatrale atmosfera di horror, se non altro per come la vedo io; anche se prima, togliendomi un po’ di terra dalla testa, mi sono accorto che mi mancava l’occhio destro. Peccato, era il mio preferito.
«Alec… ti stavo aspettando.»
Devo avere delle allucinazioni uditive, nonostante le mezze orecchie che mi ritrovo. Sentire ancora la voce di Lucy è prova che, inconsciamente, io pensi ancora a lei; a quanto pare continuo ad amarla anche da zombi.
«Alec… buon San Valentino.»
Non riesco a credere alla visione che si para davanti al mio occhio, anche se trovo più incredibile la mia testa a 180°.
«Lucy?»
Ma no, non è lei, non può essere lei. La Lucy che ricordo è bellissima, una luce in forma umana. Nulla a che vedere con questa qui, così spenta, bianca, triste e con un foro al petto.
«Eh?»
Vedo che te ne sei accorto.
Faccio ritornare la testa in una posizione regolare e poi mi rivolgo verso l’alto, dove credo provenga quella voce.
«Chi sei?»
Quello che prima hai definito pigro
Mi sa che mi sono messo nei guai. Forse dovrei chiedergli scusa, e magari mi potrà spiegare il senso di tutto questo.
«Alec…»
Giro metà del mio corpo, la parte restante lo fa dopo un paio di secondi, devo ancora abituarmi a questa mia nuova forma. Quella sottospecie di Lucy è più morta di me, eppure noto che sta respirando nonostante il buco nel petto. Si avvicina senza sbattere le palpebre e si appoggia al mio cadavere. Sembra quasi che voglia stringermi.
Abbracciala, Lucy non si ricorda più come si fa.
Suppongo che l’averla chiamata in quel modo la possa considerare come prova della sua identità. Ma perché è in questo stato? Cosa gli è accaduto? Faccio come mi è stato detto e la cingo tra le mie braccia. Il mio occhio versa lacrime.
«Perché… non sento il suo cuore?»
Lo senti benissimo invece, solo che lo cerchi nel corpo sbagliato.
Non è possibile, quello che percepisco dentro di me è il cuore di Lucy, non posso sbagliarmi. Troppe volte l’ho udito scandire i suoi battiti per me così dolci.
«Hai tolto il cuore a Lucy per darlo a me?»
Solo perché me l’ha chiesto con le lacrime, non ho potuto dirle di no.
Rimango sconcertato da quelle parole, Lucy l’ha fatto di sua spontanea volontà, e per uno come me tra l’altro.
«Stupida… ma perché? Non potevi semplicemente trovarti qualcun altro che ti rendesse più felice?»
Adesso sei tu lo stupido, per lei sei e sarai la sua unica fonte felicità.
«Ma il suo cuore…»
Alec, il cuore è solo un organo del corpo umano, nulla più. Se pensi che sia il responsabile dei sentimenti umani, cadi in errore. Guarda Lucy, anche senza cuore, è ancora in vita perché l’amore che prova per te la sostiene. L’assenza del cuore non glielo fa semplicemente esprimere attraverso il suo corpo, ma la sua anima è pazza d’amore per te.
«Che… che cosa ne sarà di noi due?»
Questo non dipende più da me, saranno coloro che leggeranno questa storia a scrivere il vostro destino. Vi amerete? Vi odierete? Troverete un modo per tornare normali? Non mi è dato saperlo. L’unica cosa certa, è che voi due sarete in grado di far sognare le persone, e spero sinceramente che qualcuno vi apprezzi così tanto da disegnare una perfetta conclusione al vostro fato.

BIOGRAFIA AUTORE
Danilo è un divoratore di libri compulsivo, ne ha letti più di 200 e da circa 11 mesi ha iniziato a scrivere. Ai seguenti link potete trovare i suoi lavori!
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RECENSIONE e VOTO: ★★☆☆☆ (2,3)
a cura di Susan Mikhaiel
La sintassi è buona, qualche errore qua e là (tipo un refuso verso l’inizio: “ameno” al posto di “almeno” – e no, non intendeva l’aggettivo ameno, me ne sarei accorta lol – oppure “zombi” al posto di “zombie” – la grafia corretta è con la e – giusto per fare degli esempi), ma nulla di particolarmente grave.
La forma va bene, ma nella parte iniziale avrei spezzato un po’ il testo, per renderlo visivamente meno pesante.
Il contenuto sommariamente mi è piaciuto molto, simpatica l’idea di far parlare il protagonista con l’autore :D. L’inizio è un po’ lento, ma nel complesso è più che buono.

CONCORSO HELLSGATE CHRONICLES - Racconto #01

IL SECONDO NOSTRO PRIMO INCONTRO
di Enrico Arlandini

Strabuzzò diverse volte gli occhi, per abituarli alla luce.
Quel luogo gli era familiare anche se i ricordi apparivano confusi e frammentari.
Sdraiato sull’erba, osservava le nuvole che mutavano forma e consistenza, come era accaduto a lui tutto d’un tratto.
Un rumore di passi in avvicinamento lo mise in allarme.
L’udito era terribilmente affinato, arrivando a percepire suoni fuori dalla portata di un essere umano.
In lontananza una figura esile procedeva a scatti lungo il sentiero.
Aveva fattezze molto differenti rispetto al passato, quando quel prato era abituale testimone delle loro effusioni.
Lei che era fatta di anima e carne, ora manteneva intatta solo la prima. Almeno così si augurava.
Mise due dita in bocca per lanciare un fischio.
Il risultato fu rauco e strozzato, sufficiente comunque per attirare la sua attenzione.
Incominciò a pensare a cosa avrebbe potuto dirle, ma dalla bocca uscivano solo versi disarticolati.
Qualcosa gli suggerì che lei avrebbe compreso il senso, ricambiando alla stessa maniera.
Gli dispiaceva accoglierla a mani vuote, quindi si inginocchiò per radunare un mazzetto di fiori.
Una volta in piedi, non fu semplice ritrovare un minimo di equilibrio. Ora la distanza si era ridotta e gli occhi vacui di lei risaltavano su quello che rimaneva del volto.
Occhi nei quali spesso si era perso, consapevole di poter svelare solo la superficie di quei pozzi neri.
Agitò le dita rattrappite, provando nel contempo a sorridere, attraverso labbra talmente sottili.
La abbracciò stretta, sopportando l’effluvio maleodorante del corpo, in contrasto con il buon odore che in precedenza emanava la pelle. Quella consapevolezza lo stava pungolando in maniera crudele; si chiese se anche qualcun altro l’avesse mantenuta, nel ritorno alla vita.
Le tolse delicatamente la terra che si era accumulata sulle guance. Poi la prese sottobraccio, senza avere idea di dove condurla. Avrebbero dovuto placare ben presto lo stimolo della fame. Il cibo prescelto si sarebbe difeso con tutte le energie, cercando di eliminarli.
Innanzitutto doveva capire quanta scintilla di comprensione era rimasta nel cervello della sua amata.
Provò a domandarle a gesti se lo aveva riconosciuto.
Lei si voltò un attimo, prima di concentrarsi su un punto indefinito, senza dar segno di aver inteso.
Sarebbe servito a qualcosa ricordarle che quel giorno era San Valentino?

BIOGRAFIA AUTORE
Mi chiamo Enrico Arlandini, sono nato nel 1976 a Genova, dove abito tuttora.
Fin da piccolo ho amato la lettura e la composizione di poesie.
Più avanti ho iniziato a scrivere racconti brevi, con i quali partecipo a concorsi letterari e talvolta vengo incluso nelle antologie. Come altre passioni ho la musica, il calcio e il cinema.
Adoro i cani, uno dei quali per tanto tempo mi ha fatto compagnia.
Non ho mai avuto vere e proprie pubblicazioni dei miei scritti, che ho raccolto tramite Lulu, sito di print on demand, ai seguenti link:

“Attraverso castelli di carta” - Raccolta di racconti
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“Silenzioso come questi versi” - Raccolta di poesie
LINK

“Come disse un sub: questa volta ho toccato il fondo”
Raccolta di pensieri e battute umoristiche
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RECENSIONE e VOTO: ★★★☆☆ (2,9)
a cura di Violet Nightfall
“Il secondo nostro incontro” è un racconto tanto breve quanto intenso. La storia è narrata dal punto di vista di uno dei protagonisti e ti trascina direttamente nei suoi occhi, nei suoi pensieri e sentimenti. Con lui assapori i primi istanti del cambiamento e la consapevolezza di ciò che la mutazione porta con sé… la fame, la perdita di coscienza (non nel protagonista), la caducità del corpo… tutto questo viene affrontato dal nostro Romeo (così lo chiamerò) in maniera quasi naturale e distaccata.
L’immagine che questo racconto mi ha suggerito è quella di due anziani che si incontrano dopo anni di separazione, al tramonto della loro vita. La volontà di ripercorrere il passato, la dolcezza di un semplice gesto, come quello di raccogliere dei fiori per l’amata.
Ma poi il sogno, anzi il desiderio del nostro protagonista, viene infranto nel momento stesso in cui si rende conto che forse, quella scintilla, quel barlume di ingegno che lui ha mantenuto, non appartiene anche alla sua compagna.
La scrittura è leggera e delicata, scorrevole e piacevole. La narrazione fresca ti permette di entrare immediatamente in sintonia col personaggio.
Bella anche la visuale che l’autore introduce, come se una vecchia macchina da presa ci accompagnasse a ogni singola parola.
Unico neo del racconto, quasi insignificante, il mancato inserimento di una introduzione al personaggio femminile:

“In lontananza una figura esile procedeva a scatti lungo il sentiero.
Aveva fattezze molto differenti rispetto al passato, quando quel prato era abituale testimone delle loro effusioni.”

Qui avrei inserito qualcosa, anche poche parole per dar modo al lettore di capire che il protagonista aveva riconosciuto nella figura la donna che amava in vita. Si evince ma un po’ forzatamente.
Del resto nulla da dire, un racconto poetico che per certi versi mi ha ricordato Warm bodies (il romanzo, non il film!) che ho amato con tutta me stessa.

mercoledì 12 marzo 2014

Diario Zombie: aggiornamento di stato #03

Ragazzi qua stiamo andando per le lunghe. Mi sono affidata a YCP per la pubblicazione di #MayasHeart ma forse ho fatto una cazzata.. fatto sta che ancora non mi hanno risposto e stiamo aspettando. Abbiate fede. Lo volete #gratis? Ebbene... ci tocca aspettare ç_ç

Vi lascio alla pagina Facebook... per rimanere sempre aggiornati!

Nuova recensione!! HGC #02

Peccati di Penna questa mattina ci fa una sorpresa graditissima *_* una nuova recensione! Io amo Ornella, sappiatelo uwu quindi... ecco qui la recensione, 4 stelline! Buono, no?

RECENSIONE
Peccati di Penna
I racconti solitamente non riescono a prendermi molto a causa della loro brevità e perchè talvolta lasciano troppe cose in sospeso, ma ci sono le eccezioni... 
Rispetto al primo racconto della saga ho avvertito una certa rudezza nella narrazione, non era morbida e avvolgente come quella di A very Undead Xmas, anzi l’ho trovata molto più diretta e forse meno descrittiva, ma a parte questo non posso dire che non mi sia piaciuta, perché aveva un ritmo veloce, che procedeva speditamente di pagina in pagina e io sono una lettrice che apprezza una certa rapidità nello svolgimento delle vicende.
I dialoghi sono sempre vivaci e colortiti, nel perfetto stile dell’autrice.
I protagonisti,Thore e Julian, sono giovani diversi tra loro, particolari e affiatati. Si trovano in una situazione bizzarra, circondati di pazzia e zombie, e le loro reazioni sono molto plausibili considerato il contesto, poveri figlioli!
In quella moltitudine di avvenimenti strani e inquietanti, i ragazzi incontrano Maya, che si identifica come ultimo architetto di Hellsgate (per un attimo ho pensato a Inception) e dalle sue parole si evince un universo fatto di mistero e di maledizioni.
Ovviamente il racconto finisce sul più bello.
Il mio voto a RIP² – Rest in Peace… Please! è 4 su 5, perché ho intravisto qualcosa di nuovo all’orizzonte, mentre in A very Undead Xmas avevo una sensazione di deja vù.
Spero che nel prossimo titolo della saga le mie attese siano soddisfatte. Interrompere sul più bello una storia comporta eccitazione ma è anche azzardato, perché se dopo l’attesa il lettore non rimane soddisfatto, l’autore rischia il linciaggio.
Ebbene sì, questa è una non-tanto-velata minaccia verso Violet Nightfall.
❤❤❤❤

lunedì 3 marzo 2014

Hellsgate Chronicles, nuova recensione!

Nuova recensione ragazzi *_*
Lidia Otelli ci vizia ancora una volta!
Recensione
RIP ² – Rest in Peace… Please! è il secondo racconto dedicato a Hellsgate e devo dire che è ancora più bello del primo.
Come sempre i due protagonisti sono straordinari. I dialoghi a tratti irriverenti, sono sistemati al punto giusto. Questa volta ironia è più velata ed è sostituita dalla vera storia che inizia a prendere forma con il proseguirsi del racconto. Un horror atipico divertente e pieno zeppo di avventure.

Sia il primo sia il secondo capitolo, è talmente “reale” che ti sembra di essere immersa in un film. Gli zombie non sono mai stati i miei preferiti ammetto, ma l’autrice mi ha fatto avvicinare a queste creature, con entusiasmo grazie all’originalità e la semplicità.
Come sempre lo stile è perfetto. Scorrevole, accattivante, veloce e nonostante è un breve racconto, ti prende dall’inizio alla fine.
Complimenti per la seconda volta a Violet per un altro bellissimo capitolo e visto come sta procedendo la storia, sono proprio curiosa di sapere come va a finire. Per ora aspetto lo spin-off gratis e dedicato a San Valentino e più avanti anticipo ci sarà il 4° capitolo che io personalmente, non vedo l’ora di leggere.
Ben 4 Stelline: ☆☆☆☆ Che fissa!!!

Aggiornamento di stato #02

Editando per l'ennesima volta Maya's heart... e che dire... Maya è proprio cazzuta XD domani dovrei fare l'ultima rilettura ** e poi si va in pubblicazione >w< l'ho letto ormai miliardi di volte <,,<